THE TALK: La Nuova Sfida è il Consumatore Finale
Il lockdown è stato per certi aspetti foriero di nuovi progetti. In che modo il vostro gruppo sta riprendendo le attività?
In realtà, a fronte di una produzione rimasta ferma a lungo, la parte creativa è sempre stata attiva. Come credo un po' per tutti, il blocco ci ha consentito di ragionare su quello che non funzionava più e di riflettere su quello che oggi funziona meno, a fronte di mercati che stanno cambiando radicalmente.
Si riferisce anche al prezzo dell'oro?
Indubbiamente il prezzo del metallo determinerà lo sviluppo delle collezioni future. Ma prima di prendere decisioni in merito, vorrei aspettare e capire come esattamente si muoverà il mercato. Non so cosa aspettarmi finché non 'scenderemo' nuovamente in campo. Non sappiamo quindi se l'aumento del prezzo del metallo porterà a un abbassamento del peso del gioiello, o se gli acquisti si saranno ridotti. Abbiamo comunque preparato collezioni con un peso dell'oro leggermente più basso. Linee che avevo già disegnato, ma ora che andranno in produzione interverrò con piccoli alleggerimenti, magari nel peso della catena, per esempio.
Il gruppo Gold Art è da sempre rivolto soprattutto all'export. Il nuovo progetto Tavanti Jewels invece guarda all'Italia...
Esatto. L'azienda Gold Art, che comprende Falcinelli e Tavanti Jewels, sta iniziando ad aprire una serie di monomarca in Italia con collezioni Falcinelli per il gioiello e Tavanti per l'oreficeria. Tutte linee pensate e dedicate al mercato italiano, con prossima apertura di due punti vendita a Venezia, e un progetto di espansione a Roma, Milano, Porto Cervo... È un momento che richiede una visione diversa, una grande sfida che ci vede per la prima volta vicini al consumatore finale. E una volta aperti e consolidati i monomarca l'obiettivo saranno i multibrand. Non abbiamo mai lavorato in Italia come brand, ma siamo molto conosciuti. I punti monomarca ci serviranno come biglietto da visita, in un momento in cui tanti hanno paura, noi sfidiamo il mercato.
Da creativo invece, come vede questo ritorno?
Senza dubbio sarà un ritorno che premierà ancora l'oro giallo. La moda lo ha riportato in auge da tempo e i consumi continuano a dargli ragione. Un metallo che ha avuto un bel rebound, soprattutto nel tirare nuovamente fuori i volumi importanti, anche se il gioiello minimal continua a tenere.
Torniamo all'estero. Che situazione troviamo sui mercati in cui siete più presenti?
Al momento, come dicevo, gli ordini sono ancora bloccati, in Medio Oriente come in Asia e in America. Siamo in una fase di attesa. Abbiamo piccoli ordini, ma la ripresa ancora non la sentiamo. Dalla merce presente a Dubai dipende tutta la distribuzione in Africa, del nord e del centro, così come quella dell'Iran e dell'Iraq. È il crocevia per il metallo spedito in tutto il mondo, grazie poi all'attività dei grossisti che comprano per questi mercati. Lo spostamento è determinato da loro, noi non possiamo gestirlo. A livello di prodotto, in generale la donna africana cerca sempre il giallo che noi contrastiamo con diamantature, sabbiature e varie nuance. Il gioiello deve essere vistoso e dai grandi volumi. In Africa il metallo è sempre un fattore di investimento, motivo per cui comprano sempre a peso, ma mai per l'eternità. Spesso lo acquistano e dopo un anno fondono tutto e ricomprano cose nuove, perché sono sempre disposti a spendere. Non vogliono cose piccole ed è difficile vedere su una donna un punto luce perché il gioiello deve seguire il look, e venire fuori dai colori dei loro tessuti sempre fantasia.
L'Asia invece come vive un gioiello Gold Art?
Ecco, l'Asia è un mondo a sé. Per poterci lavorare devi sapere cosa fare. Ho impiegato un anno e mezzo di collezioni prima di capire quale fosse il prodotto giusto, che non dipende né dal volume né dal peso. In Asia, soprattutto in Cina, per vendere devi innanzitutto conoscere la loro cultura. L'acquisto è determinato da un fattore psicologico, da credenze storiche, popolari. Sono molto scaramantici. Per esempio ho imparato che in Cina il gioiello non deve avere neanche un foro perché si dice che porti via soldi. Ovviamente poi ogni zona ha le sue peculiarità. Nei miei viaggi ho sempre preso appunti perché a volte un oggetto funziona e un altro no, ma loro non ti sanno dire il motivo per cui un gioiello non è di loro gradimento e un altro invece sì. Devi interpretare.
Mentre in Cina lavoriamo con i distributori, in Birmania facciamo tutto direttamente. C'è molta differenza tra i due Paesi. Vogliono altre pesantezze, per esempio. Falcinelli funziona molto in questi mercati perché usiamo le pietre, che a loro piacciono molto, e spesso diventano oggetto di culto, come la giada che ha prezzi astronomici. Per quanto riguarda l'oro invece, non vogliono il bianco, ma prediligono il giallo e il rosa, e i volumi dell'oggetto devono essere piccoli. Solitamente per la vendita preparo una collezione generica dedicata all'Asia e collezioni mirate, in esclusiva, per i clienti più importanti.
Un'azienda di 110 dipendenti, aree di produzione ben strutturate a seconda dei mercati, un nuovo dipartimento marketing e, soprattutto, innovazione. Possiamo dire che Gold Art sia un vero hub...
La tecnologia ti dà quel taglio di novità che la parte creativa, da sola, non offre. Noi non possiamo prescindere dall'innovazione tecnologica. Le nostre diamantature sono frutto di questi processi. Tavanti Jewels per esempio, ha collezioni con diamantature nuovissime che non utilizziamo neanche per le linee di Gold Art. Le novità sono sempre legate al materiale, alla capacità di assemblaggio e alle tecniche di produzione. Per esempio, noi siamo in grado di diamantare qualsiasi forma geometrica grazie all'ausilio di particolari robot, creati dai nostri ingegneri, i cui lettori ottici arrivano a 'leggere' la superfici del metallo e a scalfire perfettamente il metallo. Un lavoro di precisione che manualmente non porterebbe allo stesso risultato e che finora si poteva applicare solo a forme tonde e ovali. Aggiungo però che il valore di un gioiello è dato anche e soprattutto dall'italianità e da quell'artigianalità nel 'cucinare' le cose, che solo la sartorialità italiana sa fare. In giro per il mondo vedo tanto, ma manca sempre qualcosa. Poi guardo l'Italia e qui la creatività fa da padrona, cosa che all'estero un po' manca. Noi siamo i numeri uno, ma dobbiamo galoppare.
Doverosa un'ultima domanda sulle fiere. Fisiche, digitale o phygital?
Le fiere fisiche restano lo strumento più efficace per fare business. Facendo il creativo le fiere sono fondamentali per capire il cliente. Tutti i compratori hanno bisogno di toccare con mano. Il digitale sicuramente funziona per il cliente finale, ma con il grossista è fondamentale la fisicità.
Il digitale può essere un una tantum, ma le collezioni vogliono essere viste.
Intervista di Federica Frosini, Editor in Chief VO+