THE TALK: La Formazione dei Giovani Prima di Tutto
Di recente è stata nominata Vicepresidente di Confindustria Federorafi con delega alla formazione. Cosa ci può dire a riguardo?
Non ho avuto un attimo di esitazione nell’accettare questa nomina, perché mi trovo in perfetta linea con la visione generale impostata dalla nuova Presidente, Claudia Piaserico. Il discorso della formazione è uno dei punti più importanti di tutto il nostro comparto perché siamo assolutamente consapevoli che ci troviamo con un grave deficit di artigiani, partendo da quelli che lavorano al banco, oltre a tutte quelle figure più tecniche e specializzate che stanno prendendo piede negli ultimi anni, e che fino a qualche tempo fa non erano neanche immaginabili. Ma è un fenomeno naturale: dove c’è ricerca e sviluppo, e nella nostra industry se ne fa tanta e da sempre, c’è bisogno di nuove figure, di continuare a evolvere. Già con la Fondazione Mani Intelligenti ho avuto modo di constatare quanto interfacciarsi direttamente con i giovani sia importante e fondamentale: gli studenti di oggi comunicano in modo completamente diverso da quello che facevamo noi, e stare ad ascoltarli è il primo passo che dobbiamo fare noi imprenditori per andare incontro alle loro esigenze e diventare così più attrattivi nei loro confronti fino a coinvolgerli in prospettive di lavoro futuro. Come aziende sappiamo di cosa abbiamo bisogno, ma fino ad oggi non abbiamo ascoltato i giovani, e ciò si è rivelato un grande errore. Avere a che fare con gli studenti del liceo artistico di Valenza, ma anche con quelli del post diploma o post laurea, mi ha fatto capire che possono essere una fonte inesauribile di creatività, e sarebbe un vero delitto farsi sfuggire l’occasione di aiutarli a metterla a frutto. La neo presidente ha le idee ben chiare su questo, e posso già dire che stiamo lavorando per aprire nuove strade verso i giovani. La squadra creata da Claudia è in perfetta sinergia, ogni delega è legata da un filo dorato. I progetti in fieri sono numerosi, ma al momento non posso anticipare nulla. Posso però dire che riguarderà tutto il comparto orafo italiano.
Parliamo di Vicenzaoro. Un rapido bilancio?
Semplicemente ottimo! Anzi, direi che i risultati sono andati senz’altro oltre le nostre più rosee aspettative. E per mia infinita gioia, non è stato così solo per la nostra azienda ma anche per i colleghi. Un bel segnale che ci voleva proprio, per dare una conferma tangibile che quanto si è fatto in questo anno e mezzo non è andato sprecato, ma anzi investito in nuove energie che ora danno i loro frutti. Come presenza di buyer sono mancati gli asiatici, ma questo era prevedibile, mentre lo era di meno il successo che abbiamo riscontrato con quelli italiani, segno della resilienza del comparto. Già lo scorso anno avevamo potuto constatare di quanto ci fosse desiderio di non fermarsi, perché i nostri rivenditori hanno dimostrato di sapersi adattare a qualsiasi situazione pur di non perdere ciò che avevano costruito in anni di lavoro. Per il resto, anche l’Europa ci ha dato buoni risultati. Ho finalmente rivisto compratori greci, che erano almeno due anni che non si facevano vedere. Dalle altre parti del mondo sono invece arrivate parecchie richieste di video conferenze per mostrare il prodotto, o comunque hanno voluto mettersi in contatto con distributori locali per iniziare un rapporto di collaborazione. Insomma, molto movimento. L’online, che lo scorso anno si è rivelato fondamentale per creare attrattiva ma anche per vendere, ha ora un ruolo minore, di puro supporto, ma questo è un bene: la sensazione che abbiamo avuto tutti in fiera è stata proprio che la gente avesse voglia di tornare a toccare con mano il prodotto, e questo è un bene per tutta la filiera, negozianti compresi.
A chiosa, non si può non encomiare il team organizzativo di Vicenzaoro. Hanno fatto un ottimo lavoro e ancora una volta si sono rivelati dei partner straordinari. Hanno saputo essere vicini agli espositori, in tutti i modi possibili, partendo dal servizio all’ingresso di tamponi.
Allargando la visione al panorama internazionale, qual è il sentore generale nel settore?
Partiamo dal mercato Usa. Ad agosto siamo stati presenti con il nostro distributore locale a Las Vegas, a Couture e JCK, e soprattutto Couture ha avuto una performance decisamente positiva, con un bilancio superiore a quanto si pensava. Va detto però che in quel caso proponiamo un prodotto dedicato, focalizzato su un certo tipo di pubblico, quindi è anche più facile ottenere buoni risultati, mentre Vicenzaoro è per noi un banco di prova significativo perché proponiamo una gamma worldwide, ed è lì che capiamo le prospettive a breve termine. Comunque, in generale, il sentore comune è che ci sia una ripresa a tratti quasi esagerata, per certi versi spiazzante. Di certo, presto o tardi raggiungerà un plateau, o quanto meno rallenterà, ma comunque l’emergenza sembra rientrata. Forse potremmo dire che la gioielleria ha ripreso il suo valore reale. Se c’è stato un effetto positivo della pandemia è insomma che il gioiello non viene più considerato solo un oggetto di moda, ma qualcosa che si tramanda, un manufatto che vale la pena possedere per il suo valore intrinseco. Avverto come una nuova cultura, un apprezzamento più profondo per ciò che viene creato da mani che lavorano, che hanno una loro sapienza.
Lorenza Scalisi, Editor VO+