Tagliamonte: Tra Nuove Strategie e Valori Antichi
Giada, partiamo dalla fine. Con quante colorazioni di paste vitree e soggetti lavorate oggi?
Potenzialmente i colori sono infiniti, ma concretamente possiamo contare su un totale di 120 colori possibili per le paste vitree intagliate. Abbiamo inoltre aggiunto al repertorio una nuova e unica lavorazione sulle pietre dure, riprendendo anche in questo caso antiche tecniche di intaglio. Per quanto riguarda invece i soggetti, negli anni sono cambiati molto e ora non abbiamo più un tema preferito. Sicuramente però c'è un grande ritorno alla testa di medusa, che ha spopolato tra gli anni '80 e '90, periodo oggi molto di tendenza.
Nel 1943 siete partiti con la raccolta dei coralli. Ora siete leader nell'incisione di paste vitree...
Io rappresento la quinta generazione della famiglia Tagliamonte. Tutto è partito all'inizio degli anni '40 a Ischia con la raccolta dei coralli. Da lì siamo passati all'incisione delle conchiglie per i cammei e poi, con mio nonno e mio papà Nino, l'interesse si è spostato verso la riscoperta dei calchi originali greco-romani. Nel momento in cui mio padre è entrato in azienda, ha iniziato un lungo percorso di ricerca storica tra i musei di Ercolano e New York, per capire come lavorare direttamente con questi calchi originali. Terminata la ricerca, mio padre è entrato in contatto con alcuni artigiani a Venezia e, insieme a loro, ha iniziato a riprendere la tecnica greco-romana dell'incisione sulle pasta vitree.
Cosa è Tagliamonte oggi e quali sono le vostre strategie per tenere viva questa tradizione che vi contraddistingue?
Al momento la nostra priorità sono comunicazione e direzione artistica. Vogliamo svecchiare il marchio, tenendoci però vicini tutti i clienti che negli anni hanno continuato a darci fiducia. Dobbiamo focalizzarci sull'online, senza però lasciare in disparte alcune attività il cui obiettivo è di aggiornare i designer da una parte, per quanto riguarda l'offerta di paste vitree. Dall'altra di attirare l'attenzione da parte di nuovi clienti. Tutto questo cercando di tramandare di generazione in generazione il valore intrinseco del concetto che si cela dietro il prodotto, della conoscenza che c'è dietro, più del gioiello in sé.
Come avete reagito a quest'anno di pandemia?
Ci sono state alcune cose molto positive, come per esempio riuscire a riprendere i contatti con alcuni clienti storici che nel tempo avevamo trascurato. Siamo riusciti a suscitare un nuovo interesse nel nostro prodotto e questo, a sua volta, ha fatto da volano portandoci nuovi clienti. Si è creato un network quasi familiare che poi si è esteso a macchia d'olio. La pandemia ha rimesso in gioco molti dei nostri valori e speriamo che tra questi ci sia anche l'amore per gli oggetti, tra cui ovviamente i gioielli.
Come è organizzata la vostra distribuzione e come operate da un punto di vista logistico?
Abbiamo un ufficio operativo negli Usa e la produzione in Italia, a Vicenza, ma i nostri principali venditori restano comunque negli Stati Uniti dove ora non vendiamo più tramite department stores, ma solo con web retailer specializzati in luxury e designer brand, come per esempio The RealReal. In America si vendono molto piccoli collectables, che si possono personalizzare con colori e soggetti particolari. Spesso gli oggetti medio piccoli sono comprati in serie con colori diversi, come per esempio i pendenti, gli orecchini, i charms. Un altro mercato importante è l'Australia per il gioiello finito, mentre l'Asia in genere ci chiede le paste vitree sciolte. Qui le richieste arrivano soprattutto da parte di una clientela di grandi ricchi da generazioni, che si interessano di oggettistica in generale e hanno un forte spessore culturale alle spalle. Il cliente tipo può avere 35/40 anni, ha cultura e un potenziale economico importanti. In Italia la nostra rinascita è iniziata nell'ultimo anno e mezzo. Si sentiva già un brusio pre-covid che ci ha dato poi modo di riprendere contatti con i negozianti a Venezia, Roma, Napoli.
Cosa piace ai giovani di Tagliamonte?
Per gli under 40 il valore è nella storia che raccontiamo, non necessariamente in una manifattura piena di dettagli, ma su quanta attenzione l'oggetto dedica a noi stessi e ci fa parlare.
Federica Frosini, Editor in Chief VO+