Il futuro del lusso? Nella Cina meno ricca
Secondo una recente analisi condotta da Jing Daily, l’interesse per il lusso della Cina arriverebbe dalle classi più povere che non da quelle maggiormente abbienti.
Il contesto di crescente diseguaglianza economica e sociale in Cina, infatti, pare non rispecchiare uno stop ai beni di alta gamma. L’élite urbana e i miliardari cinesi si affiancano a milioni di persone che non hanno beneficiato, dell’industrializzazione dell’ultimo ventennio e, secondo il Fondo Monetario Internazionale, la Cina è diventata “una delle regioni più ineguale al mondo”, con 43 milioni di persone che vivono con meno di 95 centesimi al giorno, ovvero la soglia di povertà fissata dal Governo.
Status che sta da tempo generando dubbi in merito al mondo del lusso, che si interroga sulla portata effettiva del mercato in Cina. Secondo Jing Daily, però, la corsa ai beni di lusso arriverebbe in grande parte proprio dalle fasce sociali meno ricche, proprie perché sono quelle che vedono in questi beni una via di emancipazione dalla propria situazione, puntando a quella dei più danarosi.
Un fenomeno sociale di vecchia data, come dimostra il Federal Board of Reserve, che ha scoperto un vero e proprio collegamento tra le classi sociali più basse americane e l’acquisto di “beni simbolo” tra cui macchine costose e accessori di marca, usati per mascherare la posizione sociale e dare un’impressione di benessere.
In Cina, l’analisi prende come riferimento i dati di Bain&Company sui consumi evidenziando la crescita sul mercato luxury interno che è cresciuta del 20% l’anno nel 2017 e nel 2018, arrivando a 23 miliardi di dollari. Una forza d’acquisto più dinamica di quella verso l’estero. Sostanzialmente, ciò significa che risorse più limitate non limitano l’appetito per il mondo del lusso e i suoi prodotti. Al contrario lo stimolano, col risultato che la stratificazione sociale sembra non avere un impatto negativo sul loro consumo.