Alla scoperta delle perle di keshi
Le perle di keshi sono piccole e non nucleate: ciò significa che che non si formano attorno a un nucleo, come le perle più grandi, tanto da essere considerate un tempo solo un sottoprodotto della coltivazione delle perle.
La parola keshi è giapponese e significa “chiodi di garofano”: era usata per definire proprio le perle coltivate senza nucleo, ma originariamente le perle di keshi erano appunto considerate uno spreco.
Tuttavia, non è facile coltivare perle di keshi: il 10% delle ostriche muore dopo il trapianto, il 10% entro tre anni e solo un terzo rifiuta il nucleo e la madreperla, il che consente loro di ottenere una perla di keshi. Infine, di queste, solo l'1% è perfetta.
Inoltre, si può dire che non tutte le perle sono uguali: ci sono le Akoya, le perle di Tahiti, quelle dei Mari del Sud e le perle di keshi.
Una delle differenze con le altre tipologie è che queste perle sono realizzate interamente in madreperla e possono essere create naturalmente o seguendo l'intervento umano. In natura il processo di formazione avviene per caso: un keshi è il prodotto di un'ostrica che ha rifiutato il nucleo, ad esempio un granello di sabbia che è entrato nel guscio. Sono inoltre classificate come perle barocche e dalla forma imperfetta.
Questa varietà di perle può avere molti colori, pesi, dimensioni, qualità e forme. Quelle naturali sono molto rare e costose.